Giovanni Testori

Periodico

Ora l’Europa scopre un continente segreto

Mentre a Firenze s’apre la mostra di cui parliamo a fianco, altre, di singole raccolte, girano per l’Europa: come quella cavata dallo straordinario serbatoio d’arti primitive che è la collezione Barbier-Mueller di Ginevra ed esposta presso la Fondazione Maeght di Saint Paul de Vence, fino a qualche giorno fa, dopo aver sostato a Francoforte e […]

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Giulio, un gigante dai piedi d’argilla

È difficile, per non dir impossibile, immaginare qualcosa di più enorme e insieme di più vano, di più superbo e insieme di più corrivo, di più gigantesco e insieme di più mediocre, di più post-rinascimentale e insieme di più antitetico a quello stesso post; insomma, è difficile immaginare qualcosa di più contraddittorio che, dalle proprie

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Hopper: c’era una volta in America

Talvolta gli artisti, scrivendo di sé e del proprio lavoro, s’imbattono in sviste così gravi da risultar incomprensibili. Difficile dire se, tali sviste, siano la rivincita di desideri e progetti non realizzati o se esse intendano preparare qualche tranello ai critici e agli estimatori di poi. Nulla vieta, infatti, di pensare che una sottile, e

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Mola, una dolce abbuffata di pittura

Più che curiosità, l’abitudine comincia a diventar preoccupante. È ben vero che ogni commissione di mostra possiede il diritto d’esercitare i propri lumi e, dunque, le proprie scelte, ma altrettanto vero è che le connesse tattiche attribuzionistiche e decisionali determinano perplessità sempre maggiori in chi veda da fuori; magari, dopo aver visto più e più

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Motherwell, la rapina della felicità

Non gioia procura, ma spavento, assistere a come bastino pochi decenni perché alcuni gesti dell’espressività umana che, al loro accadere, ci avevano scossi e allarmati per la capacità di dilatarsi e d’inaugurare tempi e spazi fin lì inconditi, si plachino, davanti a noi, quasi tutto fosse accaduto su di un muro o dentro una parete

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Se due generazioni scendono in Piazza

Gran festa in quel di Lodi. La schiva ma, insieme, opulenta cittadina lombarda mette in mostra, ufficialmente in tre sedi, in realtà in quasi tutte le chiese, proprie e del circondario, un intero secolo di pittura: la sua. O quella che, rapportandosi di continuo alle grandi capitali, gli riuscì di costruire. Il rapporto avvenne tramite

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Scultura: la resurrezione delle forme

Incomprensibilmente, lo spazio che Milano ha riservato alla mostra di Marino Marini risulta assai più avaro e contratto di quello che, pochi mesi prima, aveva concesso a Manzù, al quale era persin riuscito di realizzare una sorta di «compromesso storico» sì da invadere il vicino museo del Duomo. Per le stesse ragioni di minor pecunia

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Francisco un santo peccatore

Questa mostra goyesca in Laguna, se davvero la si volesse giustificare per via di rapporti geografici, faticherebbe a ingranare. Tale fatica si legge nell’introduzione di Julian Gallego, che per altro si chiude con il seguente, scherzoso finale: «Riguardo a un’ipotetica visita veneziana di Goya, vorrei dire che con quel vecchio adagio «che non è vera,

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Michelangelo: il gigante e la cenere

Ecco una mostra – ma è davvero, e solo, una mostra? non costituisce, forse, un luogo in cui il nostro destino vien indotto a uscire dalle bende ottundenti in cui lo nascondiamo, a mettersi lì, su un lettino d’analisi totale, a crescere, torcersi, ingigantirsi, pur sempre minacciato e perdente, a rimpicciolirsi, belare, rantolare, disfarsi e

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