Giovanni Testori

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Il delirio barocco di Giovanni Testori

«Come la maggior parte dei miei personaggi» «anche questi cercano la morte. Il problema centrale del libro, infatti, è di natura sostanzialmente religiosa, riguarda la nascita, il “perché” della nostra esistenza, e l’impossibilità di spiegarla altrimenti che vivendola, come una via crucis, un continuo atto di dolore. Società, storia, religione, sono alibi: in realtà non […]

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Testori: «L’Arialda di oggi darà più fastidio di allora»

«Credo che l’Arialda sia ancora molto violenta, molto palpitante, sia per quanto riguarda gli accadimenti esterni sia per il suo senso più profondo. Ci sono, nel testo, certi presagi abbastanza impressionanti, sulla droga, sui gas delle fabbriche, sulla periferia che comincia ad essere attratta dal fascino del centro. Il centro, in effetti, ha soggiogato la

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Testori: eludono le mie domande sul “gioco al massacro” dell’uomo

«La cultura marxista non ha il suo latino». Ma non si è accorto Napolitano che gli intellettuali italiani non hanno aspettato la sua esortazione per «sporcarsi» e già da qualche anno si sono sottoposti ad una frenetica corsa per raggiungere ed arraffare «le sedie del rapporto con la società: cioè a dire, del comando e

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Io accuso i portatori di nulla

Giovanni Testori – Non ho elementi diretti di giudizio, perché solo stasera avrò la possibilità di assistere a una replica romana, ma Parenti e gli altri membri della compagnia mi confermano che le reazioni degli spettatori sono un po’ diverse, questa volta, da quattro anni fa. Allora l’Ambleto ottenne un successo straordinario, del tutto insperato,

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Scavando nella grandezza di Vermeer. «La realtà sulla soglia dell’eterno»

GIOVANNI TESTORI – Io credo non siano assolutamente ragioni iconografiche o di temi che possono aver avvicinato Proust al mistero di questo mondo di Vermeer, anche se in lui e nei suoi interni c’è veramente già la cristallizzazione di una società che, una volta sviluppata e portata quasi al momento della decadenza è quella di

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«La mia eroina? Una Macbeth del proletariato»

«E ormai parecchio tempo che lavoro a questo ciclo milanese, che impegna praticamente tutta la mia attività di scrittore. Il primo passo fu il racconto che pubblicai nei “Gettoni”, Il Dio di Roserio. Poi mi venne voglia di scriverne la continuazione e il ciclo si allargò strada facendo: pubblicai Il ponte della Ghisolfa nel ‘58,

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