Giovanni Testori

In Periodico

I promessi sposi alla prova del teatro

<<Quella di portare il capolavoro manzoniano sulla scena potrà sembrare a qualcuno – spiega Testori – una prova della mia sconfinata, umile superbia. Invece no, non sono arrivato a Manzoni per un proposito, ma per un bisogno. Ho sempre visto con gli occhi della mente, Manzoni serenamente assiso sulla sponda del fiume della storia, mentre

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1984: ecco i nuovi “Promessi sposi”

Giovanni Testori – I significati sono parecchi. C’è un Maestro che raduna un gruppo di attori provenienti da esperienze diverse, che non credono più in quello che fanno e non credendo più nel loro lavoro non hanno neppure più fiducia nel loro essere uomini. Il Maestro vuole comunicare loro le proprie esperienze, vuole farli ridiventare

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Un gioco della memoria per ritrovare quei valori che abbiamo smarrito

<< Il bisogno intimo… inafferrabile… diventato anche coscienza di restituire a me stesso e ai miei contemporanei la memoria, ovvero ciò che il mondo di oggi cerca di distruggere, di eliminare… Tutto ciò lo ritrovo nei Promessi Sposi, che sono memoria… una memoria che si solleva lentamente in un testo come “I Promessi Sposi alla

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Uno specchio dei nostri anni difficili[.] Testori: Il teatro, una sfida[.] Parenti: Non temo i fiaschi

Giovanni Testori – Non è scritto per Parenti, è nato con lui. Il vero teatro nasce da un’identificazione anche fisica con le persone che lo metteranno in scena. Ho assistito alle prove, e debbo dire che Franco e Andrée Shammah, la quale s’è accollata l’onere registico, hanno acquistato una grandissima maturità. In particolare trovo che

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Testori protesta: la “Signora” è dimezzata

«Non so cosa potrei raccontare — ci ha detto — l’allestimento di Visconti non l’ho ancora visto. Mi hanno riferito che è uno spettacolo bellissimo, che il senso del testo è rimasto inalterato. La durata della commedia è stata però dimezzata e non tutti i tagli sono avvenuti con la mia approvazione. Visconti è da

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Divampa la polemica per “La Monaca di Monza”

«La sistemarono – dice Testori – in un educandato per giovani traviate. Fu quel sant’uomo del cardinal Borromeo a farlo, per ragioni che ancor oggi non sono ben chiare. Ma il suo pentimento era in realtà una pura ipocrisia. Virginia mentì soltanto per poter uscire dal carcere (il fondo di un’orribile cisterna-prigione) e per cercar

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